Un datore di lavoro che omette di condurre un’indagine dopo la denuncia di mobbing da parte di un dipendente viola il suo obbligo di prevenzione, anche se i fatti non sono accertati (Cass. soc., 27 novembre 2019, n. 18-10.551).
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Il fatto che un datore di lavoro modifichi i doveri di una dipendente al suo ritorno dal congedo parentale non dà luogo a una presunzione di mobbing . D’altra parte, il fatto di affidare alla dipendente, al rientro dal congedo parentale, solo compiti amministrativi e di segreteria non legati alle sue precedenti mansioni contabili può costituire un elemento che suggerisce l’esistenza di una discriminazione indiretta in base al sesso (Cass. soc., 14 novembre 2019, n. 18-15.682).
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La divisione penale della Corte di Cassazione non richiede l’intenzione di nuocere per caratterizzare il reato di mobbing (Cass. crim., 13 novembre 2019, n. 18-85.367).
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Il fatto che non siano accertati gli atti di mobbing denunciati da una dipendente non è sufficiente a dimostrare che essa ha agito in malafede (Cass. soc., 8 gennaio 2020, n. 18-14.807).
La malafede deriva dalla conoscenza da parte del dipendente della falsità dei fatti denunciati. In quanto tale, non è necessaria l’intenzione di nuocere per considerarla esistente (Cass. soc., 11 dicembre 2019, n. 18-18.207).