1 Ripartizione sindacale
- A che livello?
Quando si tratta di dialogo, si nota innanzitutto che se il dirigente francese può avere fino a 4 interlocutori (le delegazioni del personale, délégués du personnel: DP, il comitato d’impresa, comité d’entreprise: CE, il comitato per l’igiene e la sicurezza delle condizioni di lavoro, CHSCT e le delegazioni sindacali, délégués syndicaux: DS), il dirigente tedesco, ne ha di regola uno solo (il consiglio d’impresa, Betriebstrat).
In Germania, sia il sindacato sia la negoziazione sindacale, tranne il caso eccezionale di alcune grandi aziende e altri casi particolari, sono esterni all’azienda e si situano a livello federale, regionale o del settore di attività.
In Francia i sindacati, si trovano sì a livello nazionale e del ramo di attività, ma anche al livello dell’azienda stessa. I sindacati possono costituire delle sezioni sindacali che sono presenti nel:
- 4% delle imprese da 10 a 49 dipendenti (presenza possibile sono in caso di accordo del datore di lavoro)
- 44% delle imprese da 49 à 200 dipendenti
- E 78% delle imprese con più di 200 dipendenti[1]
Partendo da questo postulato, il dialogo sociale non potrà che fondarsi su differenti relazioni di forza e di equilibrio. La Germania si distingue per un’importante riduzione della negoziazione sindacale nella sfera dell’azienda, instaurando al contempo un forte potere di codecisione del consiglio d’impresa: tutte le decisioni prese devono avere il suo consenso. La Francia, invece, situa i sindacati e la negoziazione sindacale all’interno dell’impresa, ma il parere del suo comitato d’impresa (CE) resta meramente consultativo.
- Creazione
In Germania, il consiglio d’impresa puo’ essere instaurato in tutte le aziende che contano almeno 5 dipendenti, su iniziativa degli stessi. È costituito da dipendenti eletti, la cui eventuale appartenenza ad un’organizzazione sindacale non è necessariamente comunicata né al momento delle elezioni, né in corso di esercizio del loro mandato. Nelle piccole e medie imprese è raro che i candidati rendano nota la loro affiliazione a un sindacato.
In Francia, i sindacati detengono il monopolio per la designazione dei candidati agli organi di rappresentanza del personale al primo turno delle elezioni (per DP[2], delegati del personale e CE, comitato d’impresa). È solo nelle ipotesi di carenza di candidati affiliati ad un determinato sindacato, o se almeno il 50% dei dipendenti di un’impresa si è astenuto al primo turno delle elezioni, che si terrà un secondo turno in cui le candidature dei dipendenti non sindacalizzati saranno ammesse. Ciò significa che in Francia, se almeno 50% del personale vota al primo turno, le rappresentanze del personale saranno costituite esclusivamente da rappresentanti affiliati alle organizzazioni sindacali. L’obiettivo perseguito è quello di assicurare che i dipendenti incaricati di rappresentare il personale, non siano lasciati a loro stessi nell’impresa, ma ricevano formazioni ed abbiano il sostegno dell’organizzazione sindacale.
2 Comitato (francese) VS Consiglio (tedesco) d’impresa :
testi legislativi a confronto
Il Consiglio e il Comitato d’impresa si riuniscono almeno una volta al mese per discutere di tutte le questioni che riguardano l’impresa.
Articolo L. 2323-1 del Codice del Lavoro | § 74 della legge sulla costituzione dello stabilimento (Betriebsverfassungsgesetz) Principi del “lavorare insieme” |
Il Comitato d’impresa ha la funzione di assicurare l’espressione della volontà collettiva dei dipendenti prendendo in considerazione in modo permanente i loro interessi nelle decisioni relative alla gestione e all’evoluzione economica e finanziaria dell’impresa, all’organizzazione del lavoro, alla formazione professionale ed alle tecniche di produzione.È informato e consultato sulle questioni relative all’organizzazione, alla gestione e all’andamento generale dell’impresa, in particolare sulle misure capaci di incidere il volume o la struttura degli degli effettivi, la durata del lavoro o le condizioni d’impiego, di lavoro e di formazione professionale, quando queste questioni non sono state oggetto di consultazioni previste all’art. L2323-6.Formula, di sua iniziativa ed esamina, su richiesta del datore di lavoro, tutte le proposte in grado di migliorare le condizioni di lavoro, d’impiego e di formazione professionale dei dipendenti, le loro condizioni di vita nell’impresa e le condizioni nelle quali possono beneficiare di garanzie collettive complementari menzionate all’articolo L. 911-2 del Codice della Previdenza Sociale. Esercita le sue funzioni nel rispetto delle disposizioni concernenti l’espressione dei dipendenti, dei rappresentanti del personale e dei delegati sindacali. | Il datore di lavoro ed il consiglio d’impresa devono effettuare delle riunioni almeno una volta al mese, durante le quali si aprono fasi di negoziazione sulle questioni oggetto di controversie animate dalla seria volontà di trovare un accordo e da proposte per aggiustare le divergenze di opinioni.Sono considerate comme irricevibili le azioni giudiziali risultanti dal conflitto sul lavoro tra dirigente e consiglio d’impresa. Questa disposizione non concerne i contenziosi di lavoro tra le parti abilitate alla negoziazione delle conventioni collettive. Sia il datore di lavoro che il Consiglio d’impresa devono astenersi da ogni azione che potrebbe portare pregiudizio allo svolgimento del lavoro ed alla pace nell’impresa. Devono astenersi da ogni azione politica nell’impresa; questa disposizione non deve pregiudicare la gestione delle questioni di ordine convenzionale, sociale, ambientale o economico che concernono direttamente l’impresa o i suoi dipendenti. |
Articolo L. 2323-3 del Codice del Lavoro | § 76 della legge sulla costituzione (Betriebsverfassungsgesetz) del “Comitato d’iintesa” (Einigungsstelle) |
Nell’esercizio delle sue attribuzioni consultative, il comitato d’impresa emette dei pareri e formula delle proposte […].Il dirigente dà conto, motivandolo, dell’esito dato a detti pareri e proposte. | Per regolare le divergenze di punti di vista tra datore di lavoro e consiglio d’impresa, il consiglio centrale o di gruppo, un comitato d’intesa è, quando necessario, costituito. Attraverso un accordo d’impresa, un comitato d’intesa permanente può essere instituito.Il comitato d’impresa è composto in un numero uguale da membri designati dal datore di lavoro e dal consiglio d’impresa e da un membro imparziale che presidierà il comitato, per la designazione di quest’ultimo, le due parti dovranno essere d’accordo. Nell’ipotesi in cui esse non riescano a trovare un accordo, verrà designato dal tribunale del lavoro. Il tribunale sarà inoltre competente in assenza di accordo sul numero dei membri.[…] Per prendere le sue decisioni, il Presidente deve in un primo tempo astenersi; in mancanza di maggioranza, il presidente interverrà alla presa di decisione dopo una consultazione complementare. […] |
Articolo L. 2242-1 del Codice del Lavoro | § 2 della legge sul posizionamento dei sindacati e degli organismi patronali |
[…] Il datore di lavoro dà inizio :1° ogni anno, ad una negoziazione sulla remunerazione, il tempo di lavoro e la ripartizione del valore aggiunto nell’impresa2° ogni anno, ad una negoziazione sull’uguaglianza tra uomini e donne nella vita professionale e la qualità della vita sul lavoro. | Datore di lavoro e consiglio d’impresa lavorano insieme in una relazione di fiducia nel rispetto delle convenzioni collettive applicabili ed in collaborazione con i sindacati e gli organismi patronali rappresentativi nell’impresa, o dei dipendenti dell’impresa. |
- La consultazione e la codecisione tra consiglio d’impresa tedesco e il datore di lavoro
I testi tedeschi mettono l’accento su obbligazioni comuni “il datore di lavoro e il consiglio d’impresa devono…” Il Consiglio d’impresa ha un potere di “negoziazione” avente come scopo il raggiungimento di un accordo che ha la facoltà di cofirmare con il datore di lavoro. Per quanto riguarda le questioni economiche (organizzazione, produzione….) il consiglio d’impresa dispone di un ampio potere consultativo, ciò gli permette di emettere pareri e proposizioni che sono lasciati poi al giudizio del datore di lavoro. Nell’ambito delle decisioni economiche aventi delle tangibili conseguenze sociali per il personale, il datore di lavoro deve cercare di ottenere l’accordo del consiglio d’impresa. Sarà solamente in caso di fallimento di una lunga procedura di negoziazione che potrà decidere autonomamente, per esempio della chiusura dell’azienda o la pronuncia del licenziamento collettivo. Ma poiché egli è parallelamente tenuto alla redazione di un piano sociale con il consiglio d’impresa, è di gran lunga considerato più ragionevole presentare un piano sociale di una certa generosità per ottenere l’accordo del consiglio d’impresa e realizzare così più rapidamente il suo progetto di ristrutturazione.
Per quanto riguarda invece le questioni relative al personale (assunzione, mutazione) o le questioni sociali (regole di comportamento dell’impresa, la concessione di ore supplementari, l’organizzazione della griglia degli stipendi, la determinazione delle cadenze e delle indennità) il consiglio d’impresa ha un vero potere di codecisione che costringe il datore di lavoro a scendere a compromessi. In materia di licenziamento, il consiglio d’impresa ha un diritto di parere. La sua opposizione al licenziamento non impedisce al datore di lavoro di pronunciare il licenziamento, ma il suo parere contrario pone il dipendente in una posizione più favorevole in caso di controversia.
In caso di disaccordo, il diritto tedesco prevede la costituzione di un comitato d’intesa (Einigungsstelle). È composto in maniera paritaria da rappresentanti del datore di lavoro e del dipendente. È presieduto da una persona esterna all’impresa, designata di comune accordo. La posta in gioco di tale designazione è alta, giacché se non partecipa alla 1° votazione, nella quale riveste un ruolo di mediatore e di ricerca di intesa, in mancanza di maggioranza, voterà al 2° turno e il suo voto sarà decisivo.
- La consultazione del comitato d’impresa francese e la negoziazione sindacale
Dal lato francese, il comitato d’impresa (CE) non è l’organo della negoziazione, benché abbia per missione quella di “rappresentare in modo permanente gli interessi dei dipendenti”. È informato e consultato e “formula, di sua iniziativa ed esamina, su richiesta del datore di lavoro, tutte le proposte in grado di migliorare le condizioni di lavoro…”. Può designare un esperto ma non può, salvo eccezione (accordo di partecipazione) concludere l’accordo col datore di lavoro. Questa prerogativa incombe esclusivamente ai rappresentati designati dai sindacati rappresentativi nell’impresa. In caso di parere negativo dei membri del comitato d’impresa (CE), il dirigente potrà comunque realizzare il suo progetto.
Nelle imprese francesi in cui è stata costituita una sezione sindacale, vige un obbligo sorprendente per un tedesco: il datore di lavoro deve di sua iniziativa e con scadenza impartita, lanciare delle negoziazioni su tutta una serie di argomenti (salario, condizioni di lavoro…). Diverse norme hanno progressivamente ampliato detta obbligazione (uguaglianza, gravosità delle attività lavorative, contratto di generazione) ed hanno persino instaurato una sanzione finanziaria equivalente all’1% della massa salariale in assenza d’apertura delle negoziazioni in determinati ambiti.
In Germania, non esiste un’obbligazione di apertura delle negoziazioni. Sarà solamente in caso di necessità definito dal datore di lavoro, dal consiglio d’impresa o – a livello delle convenzioni collettive – dall’organizzazione patronale, il sindacato o un solo dirigente, che le negoziazioni avranno luogo.
- I conflitti collettivi
Il consiglio d’impresa tedesco è il garante della “pace nell’impresa” e “non può indire un’azione giudiziale. In Francia, questa facoltà appartiene al sindacato ma pure ad ogni dipendente.
In Germania, “sia il datore di lavoro sia il consiglio d’impresa devono astenersi da ogni azione che potrebbe portare pregiudizio allo svolgimento del lavoro ed alla pace nell’impresa”. Uno sciopero indetto dal consiglio d’impresa è dunque vietato.
Lo sciopero potrà essere indetto in Germania al livello dell’impresa esclusivamente da un sindacato che ha fatto domanda di entrare in negoziazione di una convenzione collettiva d’impresa, a certe condizioni. Da una decina d’anni, capita –benché piuttosto raramente- che un sindacato indica uno sciopero nel caso in cui il consiglio d’impresa non pervenga alla conclusione un piano sociale adeguato. Sebbene la validità di tale sciopero sia discussa, è stata ammessa dai tribunali.
3 La rappresentazione dei dipendenti negli organi di direzione
Sia in Francia che in Germania, un secondo livello di rappresentanze dei dipendenti nell’impresa è instaurato a livello degli organi di direzione per via consultativa in Francia e deliberativa in Germania.
Ancora una volta, la Germania mette in evidenza la propria singolarità: i dipendenti dispongono della metà dei seggi nei consigli di sorveglianza delle società per azioni di più di 2 000 dipendenti (un terzo nelle imprese da 500 a 2 000 dipendenti) aventi l’ultima parola in caso di parità di seggi. La maggior parte delle rappresentanze del personale deve essere dipendente della società.
Nelle imprese con più di 2 000 dipendenti, i sindacati hanno dei seggi riservati tra quelli dei rappresentanti del personale. Ciò conduce ad una situazione che può apparire paradossale, se vista dal punto di vista francese, in cui il sindacato è assente dall’impresa, ma dei sindacalisti non dipendenti dell’impresa sono presenti in uno degli organi di direzione ed hanno accesso alle informazioni strategiche e finanziarie della società.
Per di più, nelle società per azioni tedesche, un “direttore del lavoro” deve essere nominato dal consiglio di sorveglianza, dunque con i voti de rappresentanti dei dipendenti. Detto direttore, che è di regola anche il direttore delle risorse umane, ha bisogno della fiducia dei dipendenti –situazione sorprendente vista dalla Francia, in cui il sistema gerarchico è decisamente più marcato ed in cui i candidati eletti del comitato d’impresa (CE) hanno solamente un ruolo consultativo nel consiglio di amministrazione e nell’assemblea generale.
4 Il riflesso di un equilibrio globale
In Germania, il dialogo sociale si fonda su una corresponsabilità manageriale.
In Francia, invece, avviene una dissociazione tra l’organismo d’informazione e l’organismo di negoziazione, mettendo il dirigente ed i sindacati nell’impresa nel ruolo di negoziatori in cui ognuno si trova a difendere i propri interessi.
La Germania instaura una condivisione di poteri di direzione che non ha equivalenti in Europa, prevedendo al contempo delle regole interne di stato di non conflitto. L’impresa è un’oasi di pace che deve essere protetta. Le leggi che regolano il dialogo sociale sono qualificate, ed è rivelatore della loro importanza, come costituzioni di stabilimento (Betriebsverfassung). La forza sindacale si fonda in larga misura sull’unità e la rappresentatività delle organizzazioni professionali.
In Francia, il datore di lavoro prende posto più volte, nell’arco dell’anno, alla tavola delle trattative. I delegati sindacali hanno per missione di difendere gli interessi dei dipendenti. Il che significa innanzitutto conservare i traguardi precedentemente raggiunti. Il fatto che a seguito di una fase di negoziazioni, non sia stato conseguito niente, potrebbe lasciar pensare che i rappresentanti abbiano fallito nell’ottenere ciò per cui erano stati eletti. Si parla d’altronde di fallimento delle negoziazioni. Questo fallimento è allora formalizzato in un documento che cristallizza lo stato di disaccordo. Il datore di lavoro porta avanti la sua missione di preservazione degli interessi dell’impresa ed i rappresentanti del personale quegli della difesa degli interessi dei dipendenti. Un anno dopo (ed in alcuni casi, tre anni), nonostante nessun delle parti sociali ne faccia domande nell’immediato, la discussione deve essere riaperta, rimettendo così il datore di lavoro ed i sindacati, talvolta contro le loro volontà, al tavolo delle negoziazioni.
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